2011
Jan 
30

2 febbraio: rito abbreviato per Vittorio Addesso

Filed under: General — Tag: , , — Comitato Antirazzista Milanese @ 8:00 pm  
Mercoledì 2 febbraio alle 10 si terrà presso il tribunale di Milano (corso

di Porta Vittoria) il processo con rito abbreviato contro Vittorio Addesso,
ispettore capo di polizia che ha cercato di violentare Joy, una donna
nigeriana, nel lager per immigrate/i di via Corelli nell¹agosto 2009.

Saremo presenti con un volantinaggio in appoggio a Joy e al suo coraggio di
ribellarsi alla violenza e di denunciare pubblicamente le sopraffazioni e le
violenze che vivono le donne immigrate in Italia anche da parte dei
rappresentanti dello Stato.

Sottoscriviamo e pubblichiamo l¹appello lanciato per il 2 febbraio dalle
compagne contro i Cie di Roma.




APPELLO PER IL 2 FEBBRAIO

Mercoledì 2 febbraio ci sarà a Milano il processo con rito abbreviato per la
denuncia fatta da Joy contro l¹ispettore di PS Vittorio Addesso.

Noi ci saremo. Vogliamo essere con Joy anche in questa tappa della sua
ribellione alle violenze e ai soprusi che ha subito.

Joy si è ribellata per se stessa, ma anche per tutte quelle che, nella
stessa situazione, non hanno avuto il modo o il coraggio di farlo e per
tutte quelle che troveranno, nel suo esempio, la forza per non subire.

La sua vicenda è emblematica. Le istituzioni pensano che quelle/i che hanno
subito violenza per mano dei loro funzionari, staranno zitte/i per non
subire ulteriori vessazioni, contando, anche, sull¹omertà di chi, pure, è a
conoscenza dei fatti.

Se questo non succede c¹è la vendetta, come è accaduto per Joy, che è stata
pestata, insieme alle sue compagne, da Addesso e commilitoni, con la scusa
della rivolta di Corelli.Anche qui nel silenzio di chi vede e sa.

Se la ritorsione non funziona, come non ha funzionato con Joy, che, al
processo per la rivolta di Corelli, ha denunciato la violenza sessuale ed il
successivo pestaggio, allora c¹è la denuncia per calunnia che, anche in
questo caso, accomuna Joy a tutte le vittime della violenza delle
istituzioni e ai loro familiari che hanno il coraggio di rendere pubbliche
le vicende.

Joy è stata denunciata per calunnia direttamente al processo e da un giudice
donna.

Per inciso, questo è successo anche alla madre di Aldrovandi ed alla sorella
di Uva.

Le istituzioni usano, di norma, la denuncia e la querela, contro quelle /i
che osano chiedere loro conto di violenze e/o ingiustizie subite, perchè
sono consapevoli della disparità dei rapporti di forza.

Ma Joy non è stata lasciata sola.

Le compagne e i compagni solidali, le femministe e le lesbiche, fra denunce
e manganellate, hanno reso pubblico tutto quello che le è successo.

Le femministe e le lesbiche non si sono demoralizzate neanche quando hanno
contattato, invano, realtà che, pur prendendo per questo finanziamenti
pubblici, si sono mostrate evasive e sfuggenti.

Sono riuscite, ugualmente, a tirare fuori Joy dal circuito perverso in cui
era chiusa.

Per tutto questo, i meccanismi abituali, messi in atto dalle istituzioni,
non hanno funzionato.

Ora, lo stato ha un¹ultima carta da giocare, quella della mela marcia:
scaricherà tutta la responsabilità su Addesso imputando quello che è
successo ad un ³riprovevole comportamento personale².

Noi sappiamo che non è così.

Il compito delle istituzioni in divisa è di tenere a bada, in qualsiasi modo
e con qualsiasi mezzo, il dissenso e, in cambio, hanno l¹immunità e
l¹impunità.

E le donne rinchiuse nei Cie sono bottino di guerra.

La storia di Joy ci racconta la violenza di genere, ma anche quella delle
istituzioni, la violenza nelle strutture chiuse di detenzione, ma anche
quella nei confronti delle migranti e dei migranti, nuove schiave e nuovi
schiavi, ed infine la violenza dello stato nei confronti di tutte/i quelle/i
che osano ribellarsi.

La storia di Joy ci insegna che ribellarsi è necessario, perché solo così si
può spezzare omertà e silenzio, che quelle/i che si ribellano non devono
essere lasciate/i sole/i, che non è il caso di contare su strutture
paraistituzionali che fanno quasi sempre un passo indietro quando prendere
posizione su soprusi, vessazioni, violenze significa mettere in discussione
alleanze, convenienze, interessi, che è necessario autorganizzarsi e
costruire un¹altra società.

RIBELLARSI SEMPRE RIBELLARSI TUTT*!!

CHIUDERE TUTTI I CIE!!



Comitato Antirazzista Milanese – 30 gennaio 2011
2010
Oct 
3

Presidio anti-sfratto in via Cavezzali 11‏

Filed under: banlieue,General — Tag: , , , — Comitato Antirazzista Milanese @ 2:38 pm  

Giovedì 30 settembre, ore 8,30

Presidio anti-sfratto in via Cavezzali 11


Diamo continuità alla lotta contro gli sfratti in via Cavezzali (zona via padova) con questa iniziativa che fa seguito alle iniziative di luglio e di inizio settembre.
Nel caso in questione si tratta (nuovamente) di Hafida e della sua famiglia, con due figli che vanno al nido e alla materna di zona, di provenienza marocchina.

Il fatto che sia in cura e sottoposta ad accertamenti clinici-strumentali è “solamente” un qualcosa in più che però, legalmente, non avrebbe un gran peso se non ci fosse la volontà di fermare questo ennesimo sopruso effettuato in nome degli interessi dei palazzinari, in questo caso organizzati attraverso la Vanzoni e l’Ambrosiana Immobiliari.
Poco conta per la legge che i suddetti proprietari (rappresentati dal sig. Bortot) abbiano subito recenti condanne per truffa e che molti dei 176 appartamenti del palazzo siano stati pignorati dalle banche; poco conta che la grande maggioranza dei contratti siano in nero e ancor meno che una parte degli inquilini lavora, sempre in nero,  per conto di aziende che fanno capo al Bortot di cui sopra; ugualmente non conta il fatto che molti di questi appartamenti siano stati posti sotto pignoramento per non aver versato i relativi mutui alle banche che li avevano concessi e che, esattamente  5 anni fa, le guardie private incaricate di riscuotere gli affitti avevano assassinato un ragazzo marocchino che si era opposto ad un simile pizzo preteso sempre dagli stessi proprietari di oggi.

Meno di niente, sempre dal punto di vista della legge conta il fatto che si sta parlando di 600€ mensili per 20 metri quadrati e cioè di una rapina legalizzata; lo spettacolo deve andare avanti, lo scempio dev’essre compiuto, il  dio della proprietà deve divorare le sue vittime e  i loro servi….non sono pagati per pensare,  dall’ufficiale giudiziario al medico legale, dal dirigentre della questura al suo ignavo e codardo soldato

Quindi? Nulla da fare di fronte codesto schieramento e alla loro corazza politico-legale-militare?
No! Fortunatamente non è affatto detto che sia così e in parte (affatto secondaria) dipende da noi, dalla nostra volontà di mobilitazione, dalla nostra capacità di trasformare la dovuta solidarietà (che è una premessa imprescindibile) in azione politica che può favorire l’autorganizzazione degli abitanti del palazzo affinchè si mobilitino (oggi) con Hafida e domani (26 novembre) con Patricia.

Le discussioni e le disponibilità raccolte nel passaggio di oggi sono una premessa positiva a cui vogliasmo dare tutto il sostegno possibile
Non mancate giovedì mattina!!!

Comitato Antirazzista Milanese – 27 settembre 2010

Lettera dei Reclusi di Gradisca‏

Filed under: General — Tag: , , — Comitato Antirazzista Milanese @ 2:32 pm  
Appello per chiunque sia nelle vicinanze di Gradisca d'Isonzo: è importante
esere vicini ai reclusi in lotta!
succhi di frutta e acqua sono utili per il proseguo dello sciopero della
fame...
Chi può ne porti al Centro!

13/02/2010

Noi stiamo scioperando perché il trattamento è carcerario, abbiamo soltanto due ore d’aria al giorno, una al mattino e una la sera, siamo tutti rinchiusi qui dentro, non possiamo uscire. Ci sono tre minorenni qui dentro, sono Tunisini e hanno 16 anni, ci chiediamo come mai li hanno messi qui se sono minorenni? Il cibo fa schifo, non si può mangiare, ci sono pezzi di unghie, capelli, insetti…

Siamo abbandonati, nessuno si interessa di noi, siamo in condizioni disumane. La polizia spesso entra e picchia. Circa tre mesi fa con una manganellata hanno fatto saltare un occhio ad un ragazzo, poi l’hanno rilasciato perché stava male e non volevano casini, e quando è uscito, senza documenti non poteva più fare nulla contro chi gli aveva fatto perdere l’occhio.

Ci trattano come delle bestie. Alcuni operatori [di Connecting People n.d.r.] usano delle prepotenze, ci trattano male, ci provocano, ci insultano per aspettare la nostra reazione, così poi sperano di mandarci in galera, tanto danno sempre ragione a loro.

C’è un ragazzo in isolamento che ha mangiato le sue feci. L’hanno portato in ospedale e l’hanno riportato dentro. È da questa mattina che lo sentiamo urlare, nessuno è andato a vederlo, se non un operatore che l’ha trattato in malo modo.

Il direttore fa delle promesse quando ci sono delle rivolte, poi passano le settimane e non cambia mai niente. Da due giorni siamo in sciopero della fame, e il medico non è mai entrato per pesarci o per fare i controlli, entra solo al mattino per dare le terapie.

Continueremo a scioperare finchè non cambieranno le cose, perché 6 mesi sono troppi e le condizioni troppo disumane. Questo non è un posto ma un incubo, perché siamo nella merda, è assurdo che si rimanga in queste gabbie. Sappiamo che molta gente sa della esistenza di questi posti e di come viviamo. E ci si chiede, ma è possibile che le persone solo perchè non hanno un pezzo di carta debbano essere rinchiuse per 6 mesi della loro vita?

Reclusi del CIE di Gradisca

Punto della situazione e calendario‏

Filed under: General — Tag: , , , , , — Comitato Antirazzista Milanese @ 2:28 pm  

La ripresa degli incontri del comitato, dopo la relativa pausa di agosto, si è concentrata sul ricostruire il quadro della situazione rispetto ai vari campi di intervento e nel cominciare a definire proposte di lavoro e un calendario conseguente.

1) Cooperative

Il licenziamento-rappresaglia di 15 operai alla GLS di Cerro, il cui magazzino è gestito dalla Cooperativa Papavero (ricordate i picchetti e le cariche poliziesche di febbraio?) definisce il piano di iniziativa centrale per le prossime settimane. Tutti i sostenitori delle lotte precedenti (da Origgio a Turate, da Brembio a Settala, da Cerro a Monza) sono chiamati ad uno sforzo unitario per respingere questo violento tentativo di zittire la lotta e imporre così la “normalità” del supersfruttamento e del caporalato con cui viene gestito .
Dai primi incontri con gli operai licenziati e gli operai di altre cooperative, è emersa la ferma volontà di andare fino in fondo in questa battaglia e di lavorare alla costruzione di una forte iniziativa davanti ai cancelli di Cerro, mentre il SI.Cobas si sta occupando della difesa legale.
Si è quindi deciso di lanciare una casa di resistenza per sostenere ed allargare il più possibile la campagna.
Con questa finalità è stata organizzata una prima importante scadenza con il pranzo solidale di domenica 12 settembre. L’intento pratico è quello di dare corpo ad una cassa di resistenza come strumento immediato di difesa collettiva di fronte ad una vera e propria guerra sociale che le forze padronali stanno muovendo contro gli operai. Contemporaneamente rilanciare battaglia fondamentale sulla questione delle cooperative , moltiplicando gli sforzi per sostenere le lotte che si succederanno, ma anche definendo con più chiarezza l’obiettivo politico dello smantellamento del parassitario (e spesso mafioso) sistema di intermediazione rappresentato dalle cooperative che impongono agli operai un regime semi-schiavistico per conto delle committenti multinazionali.

2) Campo rom di viaTriboniano

Dopo le battaglie primaverili che hanno letteralmente incendiato la situazione, le autorità cittadine, dopo essere state costrette a rinunciare allo sgombero fissato per il 30 giugno , hanno cercato di sfruttare la relativa calma nel tentativo di dividere i rom sulla base di proposte differenziate e, allo stesso tempo, alquanto fumose. Sullo sfondo uno scenario internazionale in cui emerge la “soluzione Sarkozy” (una vera e propria deportazione di massa, concertata col governo rumeno) a cui fanno eco, ancor più da destra, le parole di Maroni e Decorato.
Le opzioni avanzate rispetto a Triboniano, tramite la Casa della Carità, sono sostanzialmente due:

1) L’affidamento di una casa comunale per un periodo di tempo determinato con un piccolo contributo istituzionale all’affitto e alle spese di ristrutturazione (da notare che gli appartamenti sarebbero intestati alla Casa della carità e non alle famiglie rom)

2) L’accettazione di una cifra forfettaria di 15.000€ per famiglia in cambio della presentazione di progetti di costruzione in Romania e gestiti attraverso il comune di Milano e quello di riferimento in Romania.
Certamente l’operazione messa in campo da Comune e Casa della Carità ha contribuito non poco a creare confusione e anche una certa divisione rispetto al futuro immediato. Ma le discussioni di questi giorni e l’esperienza ormai decennale ci suggeriscono che, in vista del 15 ottobre (la nuova data prevista per l’inizio dello smantellamento di via Triboniano) le cose siano destinate nuovamente a precipitare. In soldoni: prepariamoci con forza ad affrontare un incrocio decisivo sia per le sorti della comunità più numerosa di Milano, sia per il peso nazionale e internazionale degli avvenimenti che si approssimano.
Come sempre si tratterà di calibrare i passaggi in relazione alla volontà esplicita dei rom di combattere questa ennesima e forse decisiva battaglia.
Ma il percorso che ci separa da questo appuntamento non si reggerà sul vuoto. Le questioni immediate poste sul tappeto sono due
a) L’inizio della scuola dell’8 settembre; oltre 150 bambini sono iscritti alle scuole di zona ma che quest’anno saranno privati del fondamentale supporto rappresentato dai trasporti pubblici. Se sia una scelta politica finalizzata allo sgombero del campo oppure, come si vocifera, di una rinuncia da parte di ATM a cui il comune deve dei soldi per il servizio passato, non è dato al momento saperlo. Resta l’esigenza di denunciare questo ennesimo sopruso. Ed è quello di cui si discuterà nella riunione al campo della prossima settimana, in coincidenza con l’inizio dell’anno scolastico
b) Il processo a “Zavoian” del 7 ottobre, che fa seguito al suo arresto avvenuto durante le barricate di maggio. Per dovere di cronaca segnaliamo che Zavoian, ultrasessantenne, è accusato di lesioni multiple mentre è in possesso di un certificato medico inequivocabile (rilasciato dall’ospedale nonostante le pressioni degli sbirri) in cui si riscontrano fratture dovute a percosse. E
E’ nostra intenzione sostenere Zavoian con una mobilitazione che, come nel caso dei CIE, faccia entrare la voce e la determinazione dei solidali fin dentro le aule dei tribunali

3) La lotta contro i CIE e il sistema carcerario

Anche quest’estate, come e più di quella precedente, è stata costellata di proteste e rivolte in quasi tutti i CIE italiani. Non c’è stata tregua, per i tutori dell’ordine in divisa e per i loro amici che si nascondono sotto le effigi delle organizzazioni umanitarie e caritatevoli (dalla CRI alla Misericordia, passando per una fitta rete di cooperative). Da Gradisca a Bari non si contano ormai più i tentativi di mettere a soqquadro il funzionamento di queste strutture o, ancor meglio, di tentare in maniera sempre meno improvvisata, la fuga verso la “libertà” (per una cronaca esaustiva degli avvenimenti rimandiamo al sito di “macerie” (www.autistici.org/macerie).
Contemporaneamente, anche nelle “carceri ordinarie”, la situazione si è andata surriscaldando per via di un crescente sovraffollamento e conseguentemente di condizioni sempre più insopportabili.
L’attività degli antirazzisti, oltre all’ormai consueto lavoro di collegamento, contro-informazione e presenza solidale, ha cercato quindi di costruire un ponte con la situazione nelle carceri costruendo presidi a Opera, S.Vittore e Cremona, ai quali i detenuti hanno risposto con diverse lettere (ne alleghiamo alcune).
Tornando allo specifico dei CIE, il dato più significativo riguarda una chiara linea di tendenza delle rivolte ad abbandonare la pratica dell’autolesionismo, della ricerca inutile di attirare l’attenzione del mondo democratico sulle proprie condizioni di vita per passare con più decisione a tentare la strada della fuga e costruendo momenti di protesta finalizzati a questo possibile sbocco; molti sono stati ripresi e picchiati a dovere; ma tanti altri ci sono riusciti. Scioperi, rivolte e  fughe che non hanno peraltro mancato di bucare la coesione del nemico, in particolare all’interno delle forze dell’ordine. Cominciano infatti ad emergere forti perplessità sull’efficacia dell’innalzamento a sei mesi del periodo di detenzione, a detta di molti la maggior causa scatenante delle rivolte stesse. Così come comincia a emergere il costo insostenibile dell’intero apparato espulsivo
Insomma sono diversi gli spunti e i suggerimenti che le vicende estive ci consegnano. Proviamo qui a riassumerle anche sulla base delle diverse discussioni svolte in varie sedi
1) La lotta dei detenuti dei CIE sembra fare un salto di qualità e ci impone di metterci all’altezza degli obbiettivi che le lotte all’interno sembrano darsi su tutto il territorio nazionale. La denuncia lascia il posto ad un’azione diretta senza mediazioni né illusioni rispetto all’obiettivo minimo immediato: la libertà!
2) La crisi dell’apparato espulsivo (che non ne riduce certo la violenza) indica la prospettiva di un intervento a tutto campo sui diversi nodi della macchina delle deportazioni e della gestione dei CIE (dagli ospedali spesso costretti all’asservimento ai voleri della Polizia, agli aeroporti, dai consolati collaborazionisti, fino alle organizzazioni pseudo-umanitarie che garantiscono la gestione dei centri. Tutti luoghi dove è possibile e allo stesso tempo necessario intervenire puntando allo stesso tempo, ad allargare la campagna a nuovi settori e nuovi soggetti
3) E’ giunta l’ora di unire la questione CIE a quella delle carceri ordinarie, mettendo al centro della denuncia la radice di classe di queste istituzioni totali e la loro matrice sempre più chiaramente razzista (come dimostra la percentuale spropositata di popolazione immigrata che vi è detenuta). Su queste basi, valorizzando la collaborazione estiva fra diverse strutture e realtà di lotta, si può ragionare sulla possibilità che si costituisca un gruppo di lavoro unitario a livello cittadino capace di rafforzare la capacità d’azione di tutti e ciascuno

4) L’intervento in via Padova e nei quartieri

Il coprifuoco in questo quartiere è rientrato anche a causa delle polemiche e delle mobilitazioni che ha provocato ma forse, soprattutto, dei suoi costi insostenibili. Come abbiamo avuto modo di scrivere in un volantino divulgato ad agosto questa relativa calma non significa affatto che la situazione si è pacificata né che stia volgendo a favore degli abitanti del quartiere.

E’ importante segnalare tra l’altro come la vicenda di via Padova sia tutt’altro che separata da ciò che accade in altri quartieri sotto il segno comune di un binomio inscindibile, quello che lega le logiche speculative dei palazzinari che si arricchiscono sotto le ali protettrici della politica e la repressione statale che si abbatte sulle famiglie proletarie (specie se immigrate) attraverso un susseguirsi ininterrotto di sfratti e di tentativi di estensione del coprifuoco. Questo è lo scenario proposto dalla Milano che va verso Expo-2015

La questione casa diventa quindi terreno fondamentale anche per il nostro intervento diretto in via Padova, cercando di dare continuità al lavoro con che dura ormai da oltre due anni e nella prospettiva di estenderlo, forze permettendo, anche agli altri quartieri caldi della metropoli (S.Siro, Ticinese, Gratosoglio, Niguarda, Chinatown, Corvetto)
Le occasioni non mancano di certo e, grazie ai contatti presi durante le mobilitazioni di quest’anno, siamo chiamati a intervenire a sostegno di diverse famiglie sotto sfratto per morosità, con particolare riferimento allo stabile situato in via Cavezzali 11, già ben noto dal 2005 per l’omicidio di un marocchino (che si rifiutava di sottoporsi al furto di un affitto in nero di 600€ per 15 mq di appartamento) da parte di una guardia privata incaricata di riscuotere “il pizzo” per conto della proprietà. Dopo 5 anni siamo ancora là, solo che sono aumentate le famiglie che non sono più disposte a farsi calpestare o, per meglio dire, che intendono contrapporsi attivamente. Noi, neanche bisogno di dirlo, saremo al loro fianco e invitiamo tutti i solidali a farlo con noi
* Il primo appuntamento è per venerdì 10 settembre alle 8, per un presidio contro lo sfratto di Pina, una donna disabile il cui caso è già stato segnalato più volte sulle cronache cittadine
* Il secondo presidio è già fissato per il 30 settembre, quando ci sarà un nuovo tentativo di sfratto (dopo che siamo riusciti a respingere quello di luglio) di una donna marocchina madre di due bambini (di 9 mesi e 5 anni)

Comitato Antirazzista Milanese – 5 settembre 2010